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IL LUOGO DELLA MEMORIA PARTIGIANA DI BEVAGNA

Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità ... lì è nata la nostra Costituzione”.

 
Sono le parole di Piero Calamandrei, giurista, politico, docente universitario e partigiano, pronunciate il 26 gennaio 1955 presso la Società Umanitaria di Milano, che hanno ispirato il "Luogo della Memoria Partigiana" di Bevagna.

 

Il "Luogo della Memoria Partigiana" è il primo atto, la prima tappa, di un progetto che intende ripercorrere i luoghi, gli eventi e le patriottiche figure della lotta partigiana nel territorio bevanate.

La Resistenza e l'opposizione alla dittatura nazifascista si manifestò già dai mesi invernali del '43 e si fece molto intensa, nella primavera del '44, con alcune azioni di guerriglia organizzate dalla “Banda dei patrioti di Bevagna”, a quanto sembra assemblata, con altri fuggitivi e ribelli nascosti sulle colline sopra Bevagna, da Martino Lepri, figlio di una famiglia benestante, maestro elementare, che aveva sposato Antonia Santi, nipote del socialista Pietro Santi, farmacista della città, dalla quale ebbe due figli: Maria Teresa e Giulio.
 
Dopo aver servito la patria in Marina nella guerra di Etiopia e il richiamo temporaneo dal proclama dell’ingresso dell’Italia in guerra, si era dedicato all’insegnamento e alla famiglia. La sera del 25 luglio ’43, dopo aver appreso la notizia della caduta del Duce, probabilmente esausto dai soprusi del regime fascista, con Cesare Manini, distrusse le insegne del fascio littorio sovrapposte alla bacheca di via Flaminia. Ignaro che il regime fascista fosse di là da essere defunto, subì la rappresaglia violenta dei fascisti locali che lo fecero arrestare insieme a suo fratello Giuseppe. Furono incarcerati a Foligno. Giuseppe fu rilasciato qualche giorno dopo mentre Martino veniva tradotto al carcere di Perugia. Durante il viaggio riuscì a fuggire rocambolescamente dal treno bombardato, sul quale viaggiava insieme ad altri detenuti.
Rientrato in città furtivamente, si rifugiò sulle colline sopra Bevagna, all’interno del bosco di Monte Civitelle e poi successivamente in una anfratto di Cerreto Piano, in località San Lorenzo, aggregandosi poi ad altri fuggiaschi provenienti da Castelbuono e Torre del Colle.
Il padre di Lepri, in una lettera scritta nel dopoguerra, raccontava: “Egli ha servito la Patria per ben dieci anni dei quali tre di dura guerra, e fu il primo antifascista che ebbe il coraggio di abbattere, tutte le insegne del defunto, infame e prepotente regime! Per il quale dovette subire carceri e persecuzioni”.
 
Partecipò probabilmente in maniera molto attiva, considerato anche il suo titolo di studio, alla crescita politica e militare della banda di partigiani che si stava organizzando e che in seguito confluirono nella IV° Brigata Garibaldi di Foligno.
 
Nella notte del 22 aprile 1944, il “Combattente Patriota Martino Lepri, rimaneva vittima del più esecrato tradimento” (Cfr. Testo integrale della motivazione incisa nella lapide affissa sulla tomba di famiglia). Fu ucciso, non ancora trentenne per mano di Harum Regepovic e Memetovic Memet, slavi montenegrini che appartenevano alla stessa banda, e che avevano preso a razziare la popolazione locale. Le forti rimostranze di Martino alle loro azioni infastidirono non poco gli slavi che decisero la sua fine.
 
In circostanze simili a quelle dell’uccisione di Martino Lepri aveva trovato la morte poche settimane prima (19 febbraio 1944) a Pieve Torina, il giovane Partigiano bevanate Balbo Morlupo, il quale insieme al fratello Balilla, dopo essersi rifugiato in un primo tempo sui monti tra Bevagna e Gualdo Cattaneo si era unito poi alla “Brigata Garibaldi di Foligno”.
 
A questi due eroi della giustizia, della libertà e dell'onestà la sezione ANPI di Bevagna ha intitolato la sua sezione.
 
A Fosso Cerreto Piano, teatro del nascondiglio e dell'assassinio di Martino Lepri, la sezione ANPI di Bevagna ha individuato il “LUOGO DELLA MEMORIA PARTIGIANA”, un bosco bellissimo, un ruscello, un grande silenzio, diventato così il posto del ricordo e della meditazione, non solo per Martino Lepri, ma per tutti quelli che hanno messo a rischio la loro vita per la nostra libertà.

Il “LUOGO DELLA MEMORIA PARTIGIANA” è costituito da una serie opere di grande valore simbolico: oltre alla riscoperta dell'antro, della grotta che accolse e diede rifugio a Martino Lepri e i suoi compagni, c'è il cippo a ricordo dell’uccisione del Partigiano Martino Lepri, e una scultura, a forma d'albero, “l'Albero della Democrazia e della Libertà , opera collettiva realizzata e donata da un gruppo di artisti fabbri forgiatori umbri, coordinati da Girolamo Barbini, nipote di Martino Lepri.

Visitare il “LUOGO DELLA MEMORIA PARTIGIANA” è camminare realmente sulle orme di chi ha lottato per darci la possibilità di una vita libera, di chi ha scritto con il proprio sangue le regole dell'uguaglianza, della libertà e della democrazia, la Costituzione Italiana, tutt'ora vigente, a scapito delle proprie aspirazioni, dei propri affetti e della propria esistenza. A loro dobbiamo dire grazie, mille volte grazie e meditare.

“A chi proporre questo percorso storico, artistico e ambientale? - ha detto la prof.ssa Luciana Brunelli del'ISUC nell'intervento per l'inaugurazione del luogo - Certamente ai giovani, alle scuole, ma anche direi agli adulti, ai cittadini, ai numerosi turisti che visitano queste zone. Proporre un percorso culturale che nel valore paesaggistico di queste colline sappia rammentare la vita contadina, la guerra e la resistenza.

Proporre un turismo culturale che valorizzando i tesori d’arte conservati a Bevagna, voglia mostrare come questa piccola città fu però attraversata anche in età contemporanea dalle grandi correnti della storia. Una storia locale e assieme europea e mondiale. E allora forse, chissà, il turista saprà riconoscere nel percorso bevanate dei monumenti ai caduti e alla Resistenza anche un pezzo della propria storia, vissuta in un altro paese e in un altro luogo, ma sempre contrassegnata dalle guerre mondiali e dalle loro tragedie. Ma è doveroso dire che quella storia fu contrassegnata anche da grandi speranze, le speranze che appunto nutrirono le donne e gli uomini che, come Martino Lepri, dettero anche la vita per realizzarle. Diciamolo ai nostri giovani che allora c’erano anche grandi speranze. Questo gli farà avere maggiore fiducia nel loro futuro”.

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